
La caldera dei Campi Flegrei dal mese di marzo 2015 si e’ alzata di 8 centimentri e da gennaio 2014 la risalita e’ stata di 15 centimetri. Ad oggi lo stato di allerta è giallo. A comunicarlo è l’agenzia giornalistica italiana (AGI) che in un articolo della giornalista Silvia Inghirami, scrive:
Una nuova eruzione e’ possibile e nessuno sa quali potrebbero essere le conseguenze: nella zona vive piu’ di 1 milione di persone (tra i quartieri occidentali di Napoli e quattro comuni flegrei) e un anno fa e’ stata ampliata la zona rossa (quella altamente pericolosa, dove potrebbero verificarsi fenomeni come quelli accaduti nel 79 dC a Pompei e Ercolano) e l’area gialla (dove le ceneri potrebbero arrivare a sfondare i tetti delle case).
Per questo il consiglio nazionale dei geologi chiede di intensificare l’attivita’ di prevenzione. “Oggi tutto e’ tranquillo ma non possiamo escludere che avvenga un fenomeno eclatante – avverte il presidente del Consiglio nazionale geologi Francesco Peduto – L’area e’ tenuta sotto controllo dall’ Osservatorio vesuviano, un centro di eccellenza in Italia e in Europa, e la Protezione civile ha redatto i piani di emergenza che la popolazione dovrebbe seguire pedissequamente. Il pericolo pero’ e’ notevole ed e’ importante fare di piu’, a partire dall’informazione alla popolazione”.
Il timore dei geologi e’ che nonostante i segnali, l’attivita’ di sensibilizzazione della cittadinanza non sia sufficiente. “Bisognerebbe partire con piani di formazione nelle scuole – afferma Peduto – inserendo i georischi nell’educazione ambientale che il ministro Galletti vuole far diventare materia scolastica”. Ma i geologi chiedono soprattuto di migliorare la capacita’ di monitorare il vulcano: quindi piu’ strumenti, piu’ tecnologia e piu’ personale. Attualmente all’Osservatorio vesuviano lavorano 120 persone: un numero considerato insufficiente. “Abbiamo bisogno di giovani”, afferma Mauro Antonio Di Vito, vulcanologo, ricercatore presso l’Osservatorio vesuviano. “I terremoti non si possono prevedere – spiega – ma le eruzioni sono precedute da segnali utili e a volte da fenomeni anche vistosi. Nel 1538 ci fu un rigonfiamento del terreno e il mare si ritiro’.
L’aumento della temperatura del suolo, l’emissione di gas, il bradisismo, sono tutti indicatori”. “L’eruzione di un vulano ha tanti segni premonitori in progressione – fa notare Lorenzo Benedetto, consigliere nazionale dei geologi italiani – Ma bisogna fare prevenzione e pianificazione propria ora che la situazione per ora è tranquilla. Intorno alla Solfatara di Pozzuoli, sulla bocca del vulcano, sono state costruite tante case ed evacuare la popolazione non e’ uno scherzo”.
“L’eruzione di 39mila anni ha interessato l’intero Mediterraneo – sottolineano i geologi – e influenzato il clima del pianeta. Sono sconvolgimenti a scala globale. Una nuova eruzione potrebbe avere conseguenze per tutta la terra”. La proposta e’ quindi di istituire il geologo di zona, una sorta di “sentinella del territorio”, che sorvegli continuamente non solo i vulcani ma tutte le aree di rischio, numerosissime in un Paese che subisce frequenti terremoti e che “conta oltre 500mila frane, oltre il 70% di tutte le frane censite in Europa”.
Redazione Segnidalcielo
[ot-video][/ot-video]
Comments are closed.